L’anno scorso, attraverso il Decreto Cura Italia, fu introdotto un blocco dei licenziamenti, prima totale e poi allentatosi con i successivi provvedimenti di maggio e di agosto.

La misura è stata allungata ancora. Infatti Fino al 30 giugno, per tutti i datori di lavoro, restano precluse le procedure di licenziamento collettivo (legge 223/1991) e individuale per motivi economici (legge 604/1966) e sono sospese quelle avviate dopo il 23 febbraio 2020; sono fatti salvi i casi di cambio appalto con riassunzione.

Dal 1° luglio e fino al 31 ottobre, restano precluse le procedure di licenziamento collettivo e individuale per i datori di lavoro che accedono all’assegno ordinario dei fondi di solidarietà bilaterali, agli strumenti in deroga o alla cassa integrazione ordinaria per gli operai agricoli.

Quindi, i datori di lavoro che operano in regime di ammortizzatori ordinari, quelli riconducibili al decreto legislativo 148/2015, possono decidere se licenziare, e quindi trovarsi ad affrontare tutte le spese relative, ad iniziare dall’erogazione del trattamento di fine rapporto, oppure se accedere a nuovi ammortizzatori sociali ordinari o straordinari con versamento del contributo addizionale.

In ogni caso, il blocco dei licenziamenti non trova attuazione nei casi di cessazione definitiva dell’attività di impresa, con messa in liquidazione della società senza continuazione, laddove non è possibile configurare un trasferimento d’azienda o ramo di essa o nei casi di esodo incentivato per gli aderenti all’accordo. A detti lavoratori viene comunque riconosciuta la Naspi.